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Che anno entusiasmante per il cinema italiano.
Dopo Suspiria di Guadagnino, arriva questa opera che definisce con precisione un nuovo punto di vista sulla narrazione storica, affrontando con coraggio il mito fondativo dell’Impero romano.
Un punto di riferimento ineludibile per il cinema a venire.
Rovere delinea un affresco potente, deciso e raggiunge un equilibrio mirabile fra mitopoiesi e realismo: Romolo e Remo sono personaggi storici ma anche portatori simbolici delle istanze ideali che hanno fondato la nostra civiltà.
L’agricoltore e il pastore, la fede religiosa e la volontà di potenza, la visione misterica del reale e il canone della legge, la società matriarcale (il culto delle tre madri) e quella patriarcale (il Dio del vecchio testamento, con il suo impianto normativo e punitivo). Archetipi sottesi all’inconscio collettivo dell’uomo occidentale.
Un messaggio profondo e politico per tutti noi, affinchè nel caldo delle nostre abitazioni e al riparo nelle sterminate sovrastrutture cittadine (invero ormai in crisi) si provi a guardare nel punto più nascosto dell’antico Maelstrom, alla scoperta definitiva delle ragioni per dirsi romani, cittadini comunitari, in uno Stato/Nazione, in Europa, nel mondo.
Microcosmo e macrocosmo, senza soluzione di continuità.
Una lettura originale e attualissima delle radici della cultura moderna, l’Impero romano ma anche l’Europa. Quando a dominare eravamo noi. Quando a globalizzare eravamo noi.
Di più. Una riflessione sulla nascita di una comunità, nucleo di convivenza fra gli uomini, fondamento della civiltà: cosa tiene uniti gli uomini? Cosa distingue un uomo da una bestia?
Di più. Una sequenza iniziale insegna a noi uomini moderni cosa sia la rivoluzione e le regole per portarla a termine con successo.
Un messaggio politico chiaro, limpido, preciso.
Mirabile dictu.
L’aspetto linguistico è intrigante, si tocca con mano il lavoro fatto da un gruppo di latinisti che rende al confronto quanto fatto ne La passione di Cristo un giochino per bambini.
Attori in stato di grazia, fotografia impressionante, sequenze d’azione come in Italia non ne avevamo mai viste, chiarezza di visione encomiabile ed un lungo incipit, grugnito, sbuffato, urlato, degno di 2001 Odissea nello spazio.
Questo è un punto di non ritorno.
Ora non resterebbe che allacciarsi le cinture e spingere il piede sull’acceleratore.
E il cinema italiano potrebbe ambire nuovamente a conquistare il primato mondiale.
Seguendo le orme mitiche che due uomini lasciarono sul terreno tanto tempo fa, il 753 A.C.